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ambiti e contenuto: Questa raccolta di manoscritti è stata realizzata dall'erudito Vincenzo Armanni, morto nel 1684. Nello stesso anno, per volere testamentario del fratello Francesco Maria, questa raccolta fu donata alla Biblioteca Sperelliana, divenuta in seguito Biblioteca Comunale. L'attuale fondo Armanni non rispecchia fedelmente tutto il materiale raccolto dallo stesso Vincenzo, in quanto in questo fondo sono confluiti altri documenti acquistati dal comune o donati da altre famiglie come ii fondi Lucarelli e Bonfatti. All'inizio del 1900 questo insieme di archivi ha subito un notevole smembramento. Tutti i manoscritti furono depositati pressso l'archivio comunale e le raccolte a stampa invece restarono alla biblioteca.Attualmente il materiale archivistico di questo fondo è formato da 555 unità archivistiche inclusi 13 del fondo Bonfatti e 52 del fondo lucarelli e 1042 pergamene.
A cura di Daniele Viventi
Supervisione archivistica: Pier Maurizio Della Porta
ambiti e contenuto: "Ben so che uno scrittore ha l'obligo non solamente di scriver la verità ma di farla comparire e sussistere quando si piglia nelle sue carte a sospetto [...]. Or io veggendomi tenuto a sostenere il credito e de miei e degli altrui inchiostri, voglio tentar d'ottenere dal fatto ciò che non ho potuto fin qui conseguire dalla ragione ad oggetto di convincere la incredulità di chi niega pertinacemente di dar fede alla condotta mal sicura com ei la chiama d'un antiquario senz'occhi. Tali contingenze il ciclo mi fece nascere in tempo quando io haveva finito di disporre per modo di Catalogo i titoli e gli argomenti dei miei manuscritti raccolti dell'antichità cioè quando appunto tante carte e tanti libri andavano a ripararsi come in loro asilo contra il divoratore degli anni, dico in un luogo del convento de' padri capuccini di Gubbio, che dal mio cognome ha preso il nome d'archivio Armanno"(1)
Con queste parole, superati i settanta anni, Vincenzo Armanni consegnò alla comunità di Gubbio e ai posteri la propria raccolta di memorie storiche che nel corso di circa quaranta anni, vissuti da cieco (2), aveva accumulato, spinto dall'esigenza di redigere un "Catalogo", dividendo i manoscritti in serie su base qualitativa e di formato, segnando con segnature alfabetiche i manoscritti e le pergamene, per poterli riconoscere e favorire la loro conservazione nel tempo. Nel "Catalogo" dichiarò che le carte fossero conservate nel convento di San Francesco, dove ora si trovano, tuttavia furono conservate nel Palazzo Pretorio di Gubbio fino al 1999. Il processo di accumulo della documentazione risale
"fin dall anno 1646 alla indagazione delle cose che nasconde l'antichità senza però distornarmi gran fatto dagli altri virtuosi eserciti e di maggiore importanza. Nello spazio di sette lustri ho veduto, letto e notato (se ben con gli occhi, con la lingua e con le mani di giovane sufficiente e da bene) più di settemila codici antichi oltre tanti altri libri e tante altre scritture pur de' secoli trasandati che non si possono annoverare; altri mille e più codici in carte e libri di pergamene medesimamente originali con infiniti altri manuscritti legitimi di antichi, donde ho cavate quelle copiose e rilevanti che saranno nel detto archivio trofei splendidi & immortali delle mie lodevoli applicazioni"(3)
Dopo aver redatto il "Catalogo" (4), l'attività di studio, di accumulazione e di esame della documentazione conservata proseguì fino alla fine di ottobre del 1684, a soli quindici giorni dalla morte come testimonia il registro delle sue minute (5). Fino a quel momento, nel suo studio, oltre ai manoscritti elencati nel "Catalogo" e in un altro elenco, "Inscrizioni et argomenti" (6). , in cui sono annoverate le opere letterarie edite e inedite frutto della sua penna si trovavano anche tutti quei manoscritti la cui autenticità era ancora incerta, o ancora in lavorazione, o di scarto, o non compresi precedentemente perché fuori dall'àmbito delle memorie storiche. Alla sua morte, avvenuta il 9 novembre 1684 (7), il suo archivio (8), formato da "tutti gl'instrumenti, cartepecore e ogni altra memoria, che si concernesse la nobiltà delle famiglie" di Gubbio e di altre città "come pure tutte le opere principiate da lui e anche quelle terminate ma che non havesse date alle stampe" (9), , fu ereditato dal fratello Francesco Maria , il quale nel suo testamento, rogato il 9 dicembre 1684 dal notaio eugubino Michelangelo Cenni, dispose che
"che tutti i manoscritti della beata memoria Vincenzo Armanni mio fratello, subito seguita alla mia morte, se si troveranno in casa mia, e non avessi disposto precedentemente, si mettino subito in una cassa con due chiavi, e immediatamente si porti nella libraria pubblica, consegnandosi una delle chiavi al bibliotecario, e l'altra all'infrascritto deputato nella congregazione Sperella"(10)
A queste disposizioni, aggiunse che una delle chiavi fosse "sempre nelle mani del bibliotecario pro tempore e l'altra in quelle del signor Ubaldo Conventini" sulla cui disponibilità confidava (11), auspicando che tutta la documentazione fosse conservata "con ogni diligenza possibile" senza che fosse portata fuori dalla biblioteca o che fosse vista in assenza del suo delegato e dei suoi successori (12). In ultimo, Francesco Maria dispose che le scritture con "i principii e le opere del medesimo signor Vincenzo" fossero rese fruibili come le altre con l'invito a coloro che avessero voluto leggerli, di trascriverli "con i debiti modi" obbligandoli allo stesso tempo a stamparli" (13). Il canonico morì nel marzo del 1685, a solo quattro mesi circa di distanza dalla morte del fratello (14), tuttavia le "scritture" non confluirono "immediatamente" nella biblioteca Sperelliana, ma solo il 2 maggio 1722, "le quali essendo state ritrovate nella casa del signor canonico Guido Armanni, furono dal medesimo consegnate all'illustrissimi signori Bentivoglio Bentivogli e Francesco Maria Andreoli, deputati a quest'effetto dalla congregazione Sperella, affine di conservarle nella libraria publica a tenore del testamento del signor canonico Francesco Maria Armanni rogato" (15). La congregazione Sperelliana aveva incaricato due deputati, "quia separatio dictarum scripturarum requirere potest particulare labore", sin dal maggio 1717 con il compito di "accipere, custodire, facere scripturas" di Vincenzo Armanni, "iuxta mente dicti domini testatoris reponi et asservari debent in publica biblioteca" (16).
bibliografia: Vincenzo Armanni, V. Armanni, L'archivio Armanno overo i titoli e gli argomenti in modo di catalogo, per cui si mostra di che sorte sieno i manuscritti dell'antichità, fatti con lungo studio, da Vincenzo Armanni. E poi messi a coperto dall'ingiurie del tempo per publica utilità, Della famiglia Bentivoglia. Origine, chiarezza e discendenza, Bologna, G. Longhi, 1682, pp. 177-206.
Vincenzo Armanni, Inscrizioni et argomenti delle opere letterarie di Vincenzo Armanni, detto "Lo scrittore allo scuro", Della famiglia Bentivoglia. Origine, chiarezza e discendenza, Bologna, G. Longhi, 1682, pp. 218-247.
note: (1) V. Armanni, "L'archivio Armanno" cit., pp. 170-171.
(2) Secondo la biografia di Vincenzo Armanni scritta dall'avvocato concistoriale Carlo Cartari Vincenzo vide l'ultima volta il diciassette luglio 1641 quando si trovava a Gand. [1642 sul testo ma a quell'epoca era già a Colonia mentre nel 1641 si trovava nelle Fiandre], cfr. C. Cartari, La vita dell'autore in Delle lettere Signor Vincenzo Armanni, scritte a nome proprio e disposte sotto diversi capi, vol. 1, . Roma, I. Dragondelli, 1663, non paginate. Sulla propria malattia agli occhi, Vincenzo Armanni ne fa una descrizione in una lettera per René de Ceriziers scritta dopo il suo ritorno a Roma nel 1644: [...] nell'ottavo giorno del mio arrivo in Gantes mi sopravenne agli occhi una nuoua fluffîone che m'ottenebrò il giorno e mi tolse la speranza di più vederlo Il fuoco e'l ferro con che si laceravano a tutte l'hore le mie povere carni valserò a martorizarmi il corpo per quattro mesi ma non a guarirmi gli occhi nemeno per un momento [...] e non trovai il cielo di Colonia niente più favorevole poiché la mia flussione, scemando e crescendo vicendevolmente, mi durò poco meno d'un anno. Incominciarono poscia gli occhi a dilucidarsi alquanto al di dentro e la cataratta, ch'era fuori fatta dalla precedente flussione, si aumentò in guisa che formossi nel mezo della pupilla un picciola elevazione della cornea e dell'annata in modo d'una vesichetta piena d'acqua, la quale da alcuni medici era chiamata fletena. E mentre stava eminente, lo vedeva a segno di distinguere i colori l'uno dall'altro, ma quando si rompeva (il che succede più volte) restava io senza vista sin tanto che quella tornava a rinnalzarsi e all'hora io tornava di nuovo a veder come prima. Finalmente venutami nuova flussione per un eccessivo caldo patito alla testa nella stagione che allhora correva, dopo alcuni giorni svanì, e la flussione e la fletena, restando l'occhio nella sua figura naturale ma privo affatto di vista. Nondimeno con l'uno e con l'altro ma spezialmente col diritto quantunque si tengano da me serrati vedo qualche poco il sole e la luce accesa di notte, discernendo di giorno nel modo medesimo se la finestra è chiusa od aperta. Gli occhi al presente non sono in veruna maniera lagrimanti ne patisco in essi alcun dolore e la flussione sono cinque anni che non è ritornata Adunque l'effetto di questo male è una macchia bianca o cataratta somigliante a quella che vien appellata unguis od ungula, la quale occupando tutta la pupilla, non eccede l'iride (ivi, pp. 606-607).
(3) Ivi, p. 171. La documentazione raccolta proviene da quella che produsse (trascrizioni e scritture diverse) o raccolse fra amici, conoscenti e anche rigattieri, da quella proveniente dall'archivio di memorie storiche di Giovan Battista Cantamaggi e dagli archivi familiari dei conti Gabrielli, dei conti Ubaldini e dei Billi, famiglia della madre Virginia, e da donazioni.
(4) V. Armanni, L'archivio Armanno cit., pp. 177-206.
(5) Ivi, p. 173. Scrivendo a Odoardo Cybo, V. Armanni espone il suo timore che le scritture si disperdino dopo la sua morte: "Il più forte e'l più salutare motivo, ch'io hebbi per risolvermi sopra ciò, mi nacque da vostra signoria illustrissima e fu allhora quando esortommi con tenera affabilità e con potente efficacia a pensare e stabilire il modo per cui dopo la mia morte non muoiano tante importanti memorie che a multis retro seculis & a tempore nostrorum maiorum ho felicemente raccolte".
(6) V. Armanni, Inscrizioni et argomenti delle opere letterarie di Vincenzo Armanni, detto "Lo scrittore allo scuro", in Historia Bentivoglia, Bologna, per Gioseffo Longhi, 1682, pp. 218-247.
(7) Archivio vescovile di Gubbio (d'ora in poi AVG), Libro dei defunti. Vincenzo Armanni morì all'improvviso e la sua morte è registrata sotto il primo novembre 1684.
(8) Vincenzo Armanni si preoccupò di pensare come conservare nel modo migliore il suo patrimonio archivistico già a partire dalla fine degli anni 40 del Seicento [1647, calcolo è stimato], interessando le municipalità di Gubbio, cfr. Delle lettere del signor Vincenzo Armanni, vol. I, Roma, appresso Iacomo Dragondelli, 1663, Al signor Confaloniere e consoli, deputati, consiglieri di Gubbio, pp. 155.-156). Anche il 22 gennaio V. Armanni 1674 aveva chiesto di poter consegnare le sue scritture alla congregazione Sperelliana ricevendo parere favorevole, cfr. ASPG, Fondo Opere Pie, Libro 1019 - II.V.C.1, Registro della Congregazione Sperelliana, c. 31. Esso dichiarò altresì che l'archivio fu fondato "sotto gli auspici del glorioso nome di domino Benedetto Pamphili, principe e letterato sapientissimo, hoggi cardinale, a perpetua conservazione ed a publica utilità [...] di memorie dell'antichità, parte originali e parte transunti, c'ha egli raccolte con uno studio di trentaquattro anni da diversi archivi e da altri luoghi legitimi e reali, messe poi insieme quali in libri e quali in scritture volanti di carte pecore e di carte bianche" (cfr. Inscrizioni et argomenti cit., p. 242).
(9) ASPG, Notarile, Michelangelo Cenni, prot. 1585, Testamento di Francesco Maria Armanni, cc. 439-444.
(10) Ibidem. Francesco Maria specifica che la spesa per le scansie era a carico dei propri eredi.
(11) Ibidem. Alla morte di Ubaldo Conventini, l'elezione del suo sostituto era riservata alla medesima congregazione "Sperelliana".
(12) Ibidem.
(13) Ibidem.
(14) ADG, Libro dei defunti. La morte di Francesco Maria è registrata sotto il giorno 15 marzo.
(15) ASPG, Archivio Armanni, "Sperelliano", b. 156 "Armanni" (I.F.8), Nell'inventario mutilo di consegna dell'archivio "Armanno" sono riportate solo la prima parte delle pergamene, così come sono elencate nel "Catalogo", e una lista di nominativi a cui Vincenzo Armanni scrisse. La ragione del fatto che l'archivio "Armanno" confluì 37 anni dopo la morte di Francesco Maria è velatamente descritta proprio nel suo testamento perché una delle disposizioni prevedeva che Guido (Ubaldo) andasse ad abitare nella sua casa in usufrutto dopo la sua morte e quella della sorella Armanna, con l'obbligo di abbandonare la casa che abitava di proprietà dei conti Della Porta (cfr. ASPG, Notarile, Michelangelo Cenni, 1684, c. 443v). È ipotizzabile quindi che il canonico Guido abbia detenuto l'archivio "Armanno" nella casa, dove andò ad abitare e dove era conservato, garantendone la consultazione in attesa che si fosse creato uno spazio adatto all'interno della biblioteca Sperelliana ed evitando così la spesa della "scanzia a parte" da "serrare con due chiavi" come il testamento di Francesco Maria gli imponeva di finanziare (cfr. Ivi, c. 441v). Tuttavia non è da escludere il fatto che la sede poteva essere non del tutto agibile vista la serie di terremoti che colpirono l'Umbria fra il XVII° e XVIII° sec.
(16) ASPG, Opere Pie, Sperelli, libro 1019 - II.V.C.1, Registro della Congregazione Sperelliana, seduta del 6 maggio 1717,cc. 250v-251r. L'anno successivo,la congregazione Sperelliana discusse ancora della "recognitione e separatione delle scritture esistenti appresso et in mano degli eredi della bona memoria signore canonico Francesco Maria seniore Armanni e consideratosi per maggior chiarezza nel ricevimento delle medesime scritture esser bene farne inventario e respettivamente quietanza, in forma dopo ricevute et inventariate", e, allo stesso tempo fu concesso ai deputati "ogni e qualunque facoltà necessaria et opportuna di fare intorno a tal fatto tutto quel tanto, che alla loro prudenza pareva per la recuperatione e custodia delle suddette scritture et ogni altro che sopra ciò occorre[va]" (ivi, seduta del 12 agosto 1718, c. 258r).