storia: Walter Binni (Perugia 1913 - Roma 1997) nasce il 4 maggio 1913 in un ambiente familiare in cui sono confluite ascendenze aristocratiche e borghesi: la madre Celestina Agabiti, pesarese, è sorella di Augusto Agabiti, scrittore e teosofo, e figlia di Francesco Agabiti, ufficiale garibaldino e segretario comunale a Pesaro e a Roma; il padre Renato, farmacista, proviene da una famiglia marchigiana di proprietari terrieri che si è trasferita a Perugia alla fine del secolo, avviando con Pietro Binni, padre di Renato, l'attività della Farmacia Inglese di Piazza IV Novembre; la nonna paterna è la marchesa Elena Degli Azzi Vitelleschi, figlia del giurista Giustiniano Degli Azzi Vitelleschi; la nonna materna è la folignate Vincenza Barugi, il cui padre Girolamo è stato sindaco della città, liberale e capo riconosciuto della massoneria umbra. Fin dagli anni del ginnasio appassionato di letteratura e storia, al termine degli studi presso il Liceo classico Annibale Mariotti si sottrae alla professione di farmacista cui è destinato dal padre, partecipando nel 1931 al concorso nazionale per l'ammissione alla Scuola Normale Superiore di Pisa, su consiglio dell'italianista Guido Mazzoni, presidente della commissione di esame di terza liceo, e del preside del Liceo Mariotti, Gaetano Chiavacci, che ritroverà in seguito anche a Pisa; in quell'anno, segretario amministrativo della prestigiosa scuola è Aldo Capitini, cui il giovane scrive per chiedere informazioni: Capitini gli risponde con una lettera che segna l'inizio di una fondamentale e duratura amicizia. Superata la selezione (primo vincitore), a Pisa incontra maestri come Attilio Momigliano, Luigi Russo, Matteo Marangoni, Augusto Mancini, Giorgio Pasquali, stringe rapporti di amicizia con Claudio Baglietto, Delio Cantimori, Vittore Branca, Giuseppe Dessì, con gli ex-normalisti Carlo Ludovico Ragghianti, notoriamente antifascista, e Claudio Varese. Sempre più legato a Capitini, dopo il suo allontanamento dalla Normale nel 1933 per aver rifiutato la tessera del PNF si mantiene in rapporto con l'amico e maestro, distaccandosi dalla cultura del regime e maturando una posizione di sostanziale "afascismo", come testimoniano i suoi primi articoli tra letteratura e politica su «Il Campano», rivista del GUF pisano. Si laurea nel 1935 con una tesi intitolata "La poetica del decadentismo italiano" (relatore Luigi Russo), presto pubblicata ("La poetica del decadentismo", 1936) per interessamento di Russo, che nel marzo 1936 supplisce per un mese; il successo editoriale del suo primo volume, recensito da Momigliano sul «Corriere della Sera», gli procura collaborazioni con le principali riviste letterarie italiane: «Nuova Italia», «Leonardo», «Letteratura». A Firenze conosce Eugenio Montale, Alessandro Bonsanti, Elio Vittorini, Ernesto e Tristano Codignola, Cesare Luporini, Franco Fortini, Giorgio Spini. Dal 1936, a Perugia, con Capitini fa parte di un comitato clandestino antifascista e dal 1937 svolge un'intensa attività di collegamento con intellettuali e militanti antifascisti a livello nazionale, condividendo con Capitini le posizioni del "liberalsocialismo". Allievo ufficiale a Moncalieri, a Torino conosce Leone Ginzburg e Cesare Pavese. A Bolzano, ufficiale, anima un gruppo di antifascisti. Nel 1938, concluso il servizio militare, ottiene una cattedra presso l'Istituto tecnico Bordoni di Pavia; da Pavia compie frequenti viaggi a Milano, dove conosce Ferruccio Parri, Francesco Flora, Giulio Preti, a Vicenza (dove conosce Neri Pozza, Antonio Barolini, Antonio Giuriolo), a Bologna (Giuseppe Raimondi, Giorgio Bassani, Cesare Gnudi), a Padova (Concetto Marchesi, Manara Valgimigli). Rientrato a Perugia, dal 1939 insegna all'Università per Stranieri; in occasione di numerosi viaggi a Roma conosce Guido Calogero, Mario Alicata, Pietro Ingrao, Ugo La Malfa, Paolo Bufalini e molti altri attivi organizzatori dell'antifascismo. Nel 1939 si è sposato con Elena Benvenuti, conosciuta a Pisa negli anni della Normale; alla fine dell'anno la morte della madre, Celestina Agabiti, apre una ferita insanabile; nasce il primogenito, Francesco. Nel 1940, all'entrata in guerra del regime fascista, è richiamato alle armi e inviato sul fronte francese e su quello jugoslavo; congedato nello stesso anno, riprende l'insegnamento all'Università per Stranieri. Nel 1942 consegue la libera docenza in letteratura italiana, tiene un corso libero all'Università di Pisa e pubblica la monografia "Vita interiore dell'Alfieri", in cui applica il proprio metodo storico-critico di studio delle "poetiche" a un autore che gli è particolarmente congeniale anche per ragioni politiche. Nel 1943 aderisce al Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria e svolge un'intensa attività nella Resistenza. Negli ultimi mesi del 1943 è segnalato in due informative della Prefettura e della Questura di Perugia come membro di un "comitato dei dodici" che troverà il suo sviluppo nel CLN di Perugia, e alla liberazione della città nel giugno del 1944 è membro della prima giunta comunale (nominata dal CLN ma non riconosciuta dagli inglesi) e redattore del «Corriere di Perugia», organo del CLN, diretto da Capitini. Dal luglio dello stesso anno 1944 svolge un ruolo attivo nell'esperienza dei Centri di Orientamento Sociale (COS) ideati e promossi in Umbria da Capitini come pratiche di democrazia diretta, e nella costruzione del PSIUP su una linea rivoluzionaria in competizione con il PCI. Nel 1945 nasce il secondogenito, Lanfranco. Nel 1946 si candida per il PSIUP all'Assemblea Costituente e viene eletto per la circoscrizione di Perugia-Terni-Rieti. Alla Costituente si occupa in particolare dei problemi della scuola pubblica (contribuisce alla formulazione dell'articolo 33 della Costituzione in difesa della scuola nazionale, delimitando le prerogative delle scuole private: "senza oneri per lo Stato"; nel 1946 promuove con Capitini ed altri l'Associazione per la Difesa della Scuola Nazionale); dal maggio 1946 collabora alla rivista «Europa Socialista» diretta da Ignazio Silone, entrando a fare parte della redazione. Nel febbraio 1947, al momento della scissione del PSIUP da cui nascono il PSI di Nenni e il PSLI di Saragat, Binni non aderisce né al PSI né al PSLI, anche se entra da indipendente nel gruppo parlamentare di quest'ultimo. L'intenso impegno politico non gli impedisce di proseguire l'attività scientifica: nel 1947 pubblica tre volumi importanti: "Preromanticismo italiano", "La nuova poetica leopardiana", "Metodo e poesia di Ludovico Ariosto"; il volume leopardiano apre una nuova stagione della critica leopardiana, a definitivo superamento della lettura crociana. Naufragata l'ipotesi siloniana di una federazione dell'area socialista, nel 1948 Binni partecipa a un ulteriore tentativo promosso da Ivan Matteo Lombardo, l'Unione dei Socialisti, di cui diventa coordinatore regionale per l'Umbria. Nello stesso anno, conclusi i lavori della Costituente (è sua la commemorazione di Gandhi nella sua ultima seduta), decide di non proseguire l'esperienza di parlamentare per dedicarsi completamente alla sua attività di studioso e critico letterario; vince un concorso per una cattedra universitaria di letteratura italiana e viene chiamato alla Facoltà di Lettere di Genova, dove insegnerà fino al 1956. Per avvicinarsi alla sede d'insegnamento, si trasferisce a Lucca, la città di sua moglie. Nel 1949 collabora con il Partito Socialista Unitario fino alla sua confluenza nel PSDI. Dal 1953 dirige «La Rassegna della letteratura italiana», già diretta da Achille Pellizzari fino al 1948, costruendo intorno alla rivista e alla cattedra genovese una scuola di critica letteraria; ne fanno parte numerosi giovani allievi, da Franco Croce a Riccardo Scrivano, da Mauro Manciotti a Giovanni Ponte a Giorgio Calcagno. Nel 1956 è chiamato alla Facoltà di Magistero di Firenze, nella cattedra del dantista Francesco Maggini, e nel 1958 alla Facoltà di Lettere, nella cattedra già appartenuta ad Attilio Momigliano scomparso nel 1952 (sarà Binni a pronunciarne il discorso commemorativo nel maggio 1960, nell'Aula Magna dell'Università di Firenze). Nel 1958 promuove un nuovo tentativo di riunificazione dell'area socialista, il movimento dei "socialisti senza tessera" (con Giuliano Vassalli, Piero Fornara, Renzo Bianucci e altri) che alla fine dello stesso anno confluisce nel PSI dopo il Congresso di Venezia in cui si afferma una linea di autonomia, dal PCI e dalla DC, per un governo di centrosinistra che abbia come programma minimo l'attuazione della costituzione. A Firenze trova un ambiente intellettuale e politico con il quale ha relazioni profonde dagli anni trenta: la Firenze della rivista di Alessandro Bonsanti «Letteratura», del Gabinetto Vieusseux già diretto da Montale, del «Ponte» di Piero Calamandrei, della Nuova Italia, la casa editrice diretta da Tristano Codignola; L'Università è ricca di presenze prestigiose, da Eugenio Garin a Delio Cantimori, da Gianfranco Contini a Cesare Luporini, da Ernesto Sestan a Roberto Longhi, da Lanfranco Caretti a Giorgio Spini, a Giacomo Devoto, Glauco Natoli, Alessandro Perosa e tanti altri. E anche a Firenze, come a Genova, forma una scuola critica ricca di giovani allievi che coinvolge nell'attività della «Rassegna della letteratura italiana». Nella didattica universitaria confluiscono i risultati della sua intensa produzione critica ("Foscolo e la critica", 1957, "Carducci e altri saggi", 1960) e della sua proposta metodologica che trova esplicita formulazione nel volume "Poetica, critica e storia letteraria" del 1963. Nello stesso anno pubblica "Classicismo e neoclassicismo nella letteratura del Settecento" e "L'Arcadia e il Metastasio". Negli anni fiorentini prosegue il suo impegno politico per la democratizzazione dell'Università, svolgendo un ruolo di primo piano nell'agitazione universitaria del 1961 che provoca le dimissioni del rettore Eustachio Paolo Lamanna, preannuncia il movimento studentesco del 1968; dal 1960 fa parte della direzione nazionale dell'Associazione per la Difesa e lo Sviluppo della Scuola Pubblica (ADESSPI) fondata nel 1959. Prosegue il suo impegno politico complessivo all'interno del PSI e sostiene le iniziative promosse da Capitini (marcia per la pace Perugia-Assisi, 1961, e Camucia-Cortona, 1962). Nel 1963 è al centro di una dura polemica culturale di rilievo nazionale, innescata per ragioni accademiche da un attacco pretestuoso dell'ambiente longhiano-continiano al suo volume metodologico "Poetica, critica e storia letteraria"; la polemica si sviluppa su «Paragone», «Paese Sera», «Il Ponte» e numerose altre testate. Nel 1964 viene chiamato alla Facoltà di Lettere di Roma, dove si trasferisce. Dal 1963 è socio corrispondente dell'Accademia dei Lincei (sarà socio nazionale dal 1977), dove ritrova tanti amici del periodo dell'antifascismo e dell'ambiente universitario pisano, genovese e fiorentino. A Roma inoltre vivono Dessì, Bassani, Pratolini, Silone e tanti altri amici di passioni letterarie e politiche. Anche a Roma, come a Genova e a Firenze, l'impegno didattico di Binni è totale, nelle lezioni, nei seminari, negli esami, e nel lavoro universitario confluiscono i risultati del suo lavoro di critico e studioso: i corsi 1964-1967 sono dedicati a Leopardi, di cui Binni pubblica un'importante edizione di "Tutte le opere" nel 1969, il cui saggio introduttivo diventerà nel 1973 il volume "La protesta di Leopardi". In questi anni l'Università di Roma è terreno di continue aggressioni e provocazioni neofasciste, soprattutto dal 1965, all'interno della nascente strategia della tensione contro il primo governo di centrosinistra; nel maggio 1966 lo studente socialista Paolo Rossi muore per le conseguenze di un'aggressione fascista. Binni ne pronuncia una dura commemorazione funebre (violentemente attaccata dalla destra, ed elogiata da Capitini) che denuncia le responsabilità delle bande fasciste, della polizia e del rettore Ugo Papi, contribuendo alle sue dimissioni, e svolge un ruolo attivo nella formazione di uno schieramento antifascista e democratico di docenti, studenti e organizzazioni della sinistra. A Roma è l'inizio del movimento del '68, al quale Binni partecipa abbandonando nel 1967 il PSI dopo l'unificazione con il PSDI e schierandosi a fianco delle organizzazioni della sinistra extraparlamentare. Nel 1968 muore Aldo Capitini, di cui pronuncia un appassionato discorso funebre in cui ricostruisce l'identità del maestro e amico, sottraendolo alle incomprensioni e rimozioni dei partiti della sinistra e rivendicando la complessa attualità del suo pensiero e dei suoi coraggiosi esperimenti di democrazia diretta; è Binni a dettare l'epigrafe sulla sua tomba nel cimitero di Perugia: "Libero religioso e rivoluzionario nonviolento / pensò e attivamente promosse l'avvento / di una società senza oppressi / e l'apertura di una società liberata e fraterna". Mentre prosegue la sua produzione scientifica ("Il Settecento letterario" all'interno della "Storia della letteratura italiana" diretta da Emilio Cecchi e Natalino Sapegno, 1968; "Storia letteraria delle regioni d'Italia", in collaborazione con Sapegno, 1968; edizione di "Tutte le opere" di Leopardi, con la collaborazione di Enrico Ghidetti, 1969; "Saggi alfieriani", 1969), nella didattica universitaria sperimenta con il movimento degli studenti nuove modalità di studio e ricerca fondate sui seminari, continuando a pubblicare, soprattutto con la collaborazione di Riccardo Scrivano, numerosi strumenti di studio per i licei e l'Università. Nel corso dei drammatici anni '70, Binni è schierato a fianco dei movimenti di lotta e contro l'involuzione autoritaria della società italiana, prendendo sistematicamente posizione sugli eventi che scandiscono quegli anni. Dal 1978, alla morte di Mario Fubini, è nominato presidente del Comitato per l'edizione nazionale delle opere di Foscolo, e presidente del comitato per le celebrazioni del centenario foscoliano; nel 1982 pubblica "Ugo Foscolo. Storia e poesia". Il riflusso degli anni '80 segna la chiusura di un ciclo di possibili cambiamenti sociali. Per Binni è un paesaggio sconfortante, al quale reagisce con il lavoro e una tenace fedeltà al proprio percorso esistenziale e politico. Nel 1983, al compimento del settantesimo anno di età, viene collocato "fuori ruolo" fino al 1988; nel 1989, a conclusione definitiva del suo percorso accademico, sarà nominato "professore emerito". Nel 1983 la città di Genova gli conferisce la cittadinanza onoraria, e l'anno successivo la Regione Umbria pubblica un volume in cui Binni ha raccolto i suoi scritti "perugini ed umbri", "La tramontana a Porta Sole", testimonianza del suo profondo legame con Perugia e con Capitini. Nel 1987 tiene una serie di conferenze, a Napoli e in Umbria (Perugia, Terni, Città di Castello) sulla "Ginestra" di Leopardi, insistendo sul valore del suo messaggio filosofico, poetico e politico. Dopo il 1989 segue con attenzione la crisi del PCI, convinto che il crollo del "socialismo reale" dei paesi dell'est sia un'opportunità di liberazione del "comunismo" dallo stalinismo e dalle sue conseguenze nefaste; nel 1994 si iscriverà a Rifondazione Comunista, anche come scelta di opposizione al berlusconismo nascente. Colpito da un edema polmonare nell'estate del 1990, negli anni successivi i postumi della malattia gli impongono un regime di vita fortemente limitato. Nel 1992 lascia la direzione della «Rassegna della letteratura italiana», che affida a un comitato di direzione composto da ex allievi e collaboratori delle Università di Genova, Firenze e Roma (Franco Croce, Giovanni Ponte, Enrico Ghidetti, Giorgio Luti, Giulio Ferroni, Gennaro Savarese). Nel 1993 raccoglie gli scritti di metodologia nel volume "Poetica, critica e storia letteraria, e altri saggi di metodologia", pubblica in "Lezioni leopardiane" (1994) i corsi leopardiani degli anni 1964-1967, una nuova edizione degli "Studi alfieriani" (1995), "Metodo e poesia di Ludovico Ariosto e altri studi ariosteschi" (1996). In questi ultimi anni, con l'aiuto della moglie Elena, da sempre sua stretta collaboratrice, inizia a mettere ordine nel suo archivio personale, selezionando in particolare 106 "corrispondenti scelti", e predispone la donazione della sua biblioteca alla Regione Umbria perché sia collocata nella Biblioteca comunale Augusta di Perugia; nel febbraio 1997 invia all'Archivio di Stato di Perugia le oltre 700 lettere ricevute da Capitini tra 1931 e 1968. Nello stesso mese, in un'importante intervista all'«Unità», "Questa lotta tra vecchio e nuovo" (2 febbraio), traccia, da leopardiano persuaso, un lucidissimo e amarissimo bilancio dell'attuale situazione italiana, ed è dedicato a Leopardi il suo ultimo testo, scritto nella clinica romana dove viene ricoverato nel novembre 1997, e inviato al Comitato nazionale per le celebrazioni del bicentenario della nascita di Leopardi, di cui Binni è presidente. Muore il 27 novembre, lasciando sul tavolo di lavoro della sua abitazione romana un testo autobiografico, "Perugia nella mia vita. Quasi un racconto" (pubblicato dai familiari nel 1998), un bilancio esistenziale chiuso il 4 novembre 1997, nell'anniversario della morte della madre.