storia: Il sistema scolastico, nell'Italia preunitaria, era impostato in maniera autonoma, e talvolta anche in modo molto differente nei singoli Stati. Con l'Unità si rese necessario dar vita ad un sistema scolastico unico. La Legge Casati (13 novembre 1859, n.3725), emanata per il Regno di Sardegna, venne estesa a tutte le province dopo la proclamazione del Regno d'Italia il 17 marzo 1861. La legge riguardava tutti i rami e i livelli dell'istruzione, e gettò le basi per una Scuola Nazionale, cioè di Stato. Prima della legge Casati l'istruzione era appannaggio delle famiglie benestanti che potevano permettersi istitutori o scuole private. La scuola elementare era organizzata in due cicli biennali: l'inferiore, prima e seconda classe, e il superiore, terza e quarta classe. La legge Casati sanciva i principi della gratuità e dell'obbligatorietà (dai 6 agli 8 anni, cioè il primo biennio, chiamato "elementare inferiore") dell'istruzione elementare, ma il secondo principio rimase più un buon proposito che una norma. L'istruzione elementare era demandata ai Comuni che spesso, specie i più piccoli, erano privi di risorse finanziarie adeguate; la dispersione scolastica rimase altissima, specie nelle zone rurali e montane dove i bambini, considerati forze lavoro, aiutavano le famiglie nei lavori agricoli. Inoltre bisogna aggiungere che la legge non prevedeva sanzioni per quei genitori che non avessero mandato i figli a scuola, né per quei sindaci di comuni, ovvero dirigenti di istituzioni scolastiche che avessero disatteso la legge. Per la formazione dei maestri elementari furono istituite le Scuole Normali di durata triennale, alle quali si accedeva a 15 anni per le femmine e a 16 per i maschi. A colmare i buoni intenti ovvero i limiti all'obbligo scolastico della legge Casati, provvide la legge n. 3961 del 15 luglio 1877 ad opera del ministro Michele Coppino. Questa legge aumentava l'obbligo scolastico dagli 8 ai 9 anni, e ribadiva come punti caratterizzanti la gratuità e l'obbligatorietà dell'istruzione inferiore. Prevedeva poi una serie di sanzioni e di ammende per gli inadempienti, inoltre contemplava la facoltà delle autorità preposte di stanziare i fondi necessari nei bilanci comunali, stabiliva che alla fine del corso inferiore gli studenti effettuassero un esame di proscioglimento. Nei comuni dove erano istituite, per gli allievi che non continuavano a frequentare dopo il primo biennio obbligatorio, era prevista per un anno la frequenza delle scuole serali, mentre per le alunne era prevista la frequenza delle scuole festive. Ai Comuni, inoltre veniva richiesto di compilare annualmente l'elenco dei ragazzi tenuti a frequentare i corsi, un mese prima dell'apertura delle scuole. Inoltre a garanzia della piena attuazione della legge veniva riconosciuta la necessità di specifici interventi statali soprattutto nel campo dell'edilizia scolastica. Fu così, successivamente, prevista la possibilità per i Comuni di contrarre prestiti, a bassi interessi, con la Cassa Depositi e Prestiti per la costruzione di edifici scolastici . Successivamente, la legge Orlando (dell' 8 luglio 1904 n. 407) eleva l'obbligo scolastico al dodicesimo anno di età e articola la scuola in due corsi: un corso comune di quattro classi, al termine del quale coloro che sono intenzionati a proseguire gli studi possono accedere alla scuola secondaria e un corso "popolare" di due classi (la quinta e la sesta) per chi voleva avviarsi al lavoro. Istituì perciò la VI classe, che con la V costituì il corso popolare. Per evitare ai ragazzi di abbandonare le loro occupazioni giornaliere (a quei tempi fatto abituale), il corso popolare si ridusse a tre ore ed il programma si risolse in un ampliamento di quello elementare. Inoltre previde lo sdoppiamento ed il riordinamento delle classi numerose. I Comuni erano autorizzati a deliberare le spese per l'assistenza scolastica. Si istituirono scuole serali e festive nei comuni dove la percentuale degli analfabeti era più alta. Il nucleo della riforma era rappresentato dall'attivazione del corso popolare che nei primi anni si sviluppò per lo più nei capoluoghi di provincia. In seguito, la legge Credaro del 4 giugno 1911, n. 487, effettuò una revisione generale della struttura della scuola elementare sottraendola in parte ai comuni, i quali non riuscivano a fronteggiare le spese per il loro mantenimento. Le scuole elementari dei capoluoghi di provincia e di circondario, furono lasciate alla gestione comunale, mentre quelle degli altri comuni vennero avocate all'amministrazione scolastica provinciale, organo presieduto dal Provveditore agli studi , il quale ora diventa organo dell'amministrazione scolastica provinciale, alle dirette dipendenze del ministro. L'amministrazione suddetta viene a costituirsi del Consiglio scolastico, della Deputazione scolastica e della Delegazione governativa. Vennero istituiti i Circoli di Direzione Didattica, con a capo un direttore (chiamato vice-ispettore). Le scuole elementari erano controllate da ispettori centrali, che vigilavano sull'andamento didattico della scuola e coordinavano il servizio di vigilanza degli ispettori scolastici. Il r.d. 16 febbraio 1888, n. 5296, che costituiva il regolamento dell'istruzione elementare, aveva promosso all'art. 34 l'istituzione dei Patronati Scolastici. Ma soltanto con la legge 8 luglio 1904, n. 407, nel bilancio del Ministero dell'istruzione fu iscritto un fondo speciale per la concessione di sussidi ai patronati. Con la legge del 4 giugno 1911 n. 487 venne istituito in ogni comune il Patronato scolastico con personalità giuridica il cui scopo era principalmente quello di provvedere alla refezione degli alunni poveri, alla concessione di sussidi e alla distribuzione di libri di testo e cancelleria.
Con l'avvento del fascismo, la scuola italiana si trasforma radicalmente, responsabile della riforma è il filosofo Giovanni Gentile, Ministro della Pubblica Istruzione (del primo governo Mussolini), in carica dal 31 ottobre 1922 al primo luglio 1924. Il Ministero della Pubblica Istruzione esistente già dal 1861 (con il governo Cavour), fu soppresso il 12 settembre del 1929, (dal governo Mussolini) che lo sostituì con il Ministero dell'Educazione Nazionale, la denominazione venne mantenuta fino al 29 maggio 1944, regio decreto n. 142 (governo Badoglio) quando si riportò il dicastero alla denominazione originaria di Ministero della Pubblica Istruzione.
La scuola diventò di competenza sia del Ministero dell'Educazione nazionale che dell' ente Opera Nazionale Balilla per l'assistenza e per l'educazione fisica e morale della gioventù (ente preposto all'educazione fascista della gioventù, istituito dalla L. 3 aprile 1926, n.2247, G.U. n. 7 del 11-01-1927), successivamente confluì insieme ai Fasci giovanili di combattimento, nella Gioventù Italiana del Littorio a partire dal 1937. La riforma gentiliana consisteva in una serie di regi decreti che ridefinivano l'intero assetto dell'istruzione in tutti i suoi aspetti: - L'istruzione elementare si distingueva in tre gradi: preparatorio (3 anni), inferiore (3 anni), superiore (2 anni). - Le classi oltre la 5a prendevano il nome di "classi integrative di avviamento professionale". . L'obbligo scolastico veniva elevato a 14 anni e furono istituite la VI, VII, VIII, dipendenti dalla scuola elementare. I punti salienti della riforma furono: innalzamento dell'obbligo scolastico sino al quattordicesimo anno di età; disciplina dei vari tipi di istituzioni scolastiche, statali, private e parificate; insegnamento obbligatorio della religione cattolica considerata "fondamento e coronamento" dell'istruzione primaria; creazione dell'Istituto magistrale per la formazione dei futuri insegnanti elementari; istituzione di scuole speciali per gli alunni portatori di handicap;
Con la Riforma Gentile l'amministrazione scolastica fu affidata ad un Provveditorato non più di dimensione provinciale ma regionale, in Umbria con 5 Ispettori che operavano nelle Circoscrizioni di Perugia, Foligno, Spoleto, Terni, Orvieto. Successivamente (Legge 7 gennaio 1929, n. 5 "Norme per la compilazione e l'adozione del testo unico di Stato per le singole classi elementari ") le scuole elementari adottarono il testo unico di Stato e passarono sotto il diretto controllo statale con Regio decreto 1 luglio 1933, n. 786 "Passaggio allo stato delle scuole elementari dei Comuni autonomi". Nel quadro del sistema totalitario, la scuola elementare subì una forte pressione ideologica per la presenza di organizzazioni come l'Opera Nazionale Balilla e la Gioventù italiana del Littorio, strumenti di politicizzazione dell'istruzione e di inquadramento dei giovani. Con la "Carta della scuola" di Bottai (1939) si ebbe un ulteriore tentativo di razionalizzare il sistema scolastico in funzione del sistema politico-ideologico oltre che socio-economico. Il progetto bottaiano, infatti, riorganizzò il sistema delle scuole professionali, dall'undicesimo al quattordicesimo anno, affinché provvedessero alle esigenze di lavoro dei grandi centri, con l'integrazione di una scuola tecnica biennale per la preparazione agli impieghi minori ed al lavoro specializzato delle grandi aziende industriali, commerciali, agrarie. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, il Ministro Guido De Ruggiero introdusse i nuovi programmi innovativi del 1945 per la scuola materna ed elementare, ripristinando i Patrocini scolastici ed istituendo la Scuola popolare, che riuniva in sé le scuole serali, estive e festive.
Nel 1948 la Costituzione italiana all'art 34 stabiliva: -La scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.
Nonostante ciò, dal censimento del 1951 risultava che gli analfabeti in Italia erano 5.456, il 12,9% della popolazione, in Umbria il 14%. Anche se non si era ancora raggiunto l'obiettivo di "una scuola di tutti", si può dire che nella seconda metà del Novecento, denominato anche "Secolo della scuola", questa sia divenuta, di fatto e di diritto, un bene comune e diffuso.
Tra i principali provvedimenti legislativi di riforma del sistema scolastico attuati nella storia dell'Italia repubblicana troviamo la Legge del 31 dicembre 1962 n° 1859 firmata da Luigi Gui, Ministro della Pubblica Istruzione nel quarto governo Fanfani, che istituiva la Scuola media statale unica,sostituendo così qualsiasi altro tipo di scuola secondaria inferiore, gratuita e obbligatoria per tutti i ragazzi dagli 11 ai 14 anni. Bisognò dunque attendere la fine del 1962 per considerare formalmente chiusa la stagione gentiliana. Infatti, è in quell'anno che venne formalmente legalizzato un fenomeno già in atto da qualche tempo, maturo storicamente e pronto ad esplodere socialmente: la scolarizzazione di massa.
Va rilevato che gli anni Settanta sono caratterizzati da iniziative legislative orientate a soddisfare istanze di natura "sociale" oltre il campo scolastico, emerse dalle lotte studentesche, operaie e sociali dal '68 in avanti. Per la scuola si ebbero:
- la legge n. 477 del 1973 che delegava il Governo a emanare norme sullo stato giuridico degli insegnanti e non insegnanti, sull'istituzione degli organi collegiali e sulla sperimentazione scolastica, con i conseguenti decreti delegati del 31 maggio 1974; - la legge n. 517 del 1977 che indicava le norme comuni alla scuola primaria e secondaria inferiore sulla programmazione educativa, la valutazione degli alunni, l'inserimento degli handicappati; Nel 1974 con i Decreti Delegati, in particolare, con il D.P.R. 31 maggio 1974 n° 416, congiuntamente al riordino degli Organi Collegiali, furono emanate norme relative all'autonomia amministrativa delle scuole materne, elementari, secondarie ed artistiche. Gli istituti tecnici, professionali e d'arte, in quanto scuole dotate di personalità giuridica, già godevano di autonomia amministrativa e, pertanto, per questi si modificarono semplicemente le procedure per l'esercizio dell'autonomia in armonia con le norme dettate dal D.P.R. n° 416. I Consigli d'Istituto sostituirono i Consigli di Amministrazione e le attribuzioni di questi ultimi passarono al nuovo Organo Collegiale e alla Giunta Esecutiva. Nelle scuole materne, elementari, medie di I° grado, nei licei classici e scientifici, nelle scuole e negli istituti magistrali, ossia in tutte quelle istituzioni che precedentemente non erano dotate di personalità giuridica, con il citato D.P.R. n° 416, si è dato al Consiglio di Circolo e/o di Istituto la facoltà di deliberare, su proposta della Giunta Esecutiva, per quanto concerne l'organizzazione e la programmazione della vita e dell'attività della scuola.
Riepilogo della legislazione: Legge Casati del 13 novembre 1859, n.3725; Legge Coppino del 15 luglio 1877, n. 3961; Legge Orlando dell' 8 luglio 1904 n. 407); Legge Credaro del 4 Giugno 1911, n. 487; Riforma Gentile nei regi decreti legislativi 31 dicembre 1922, n. 1679; 16 luglio 1923, n. 1753;6 maggio 1923, n. 1054; 30 settembre 1923;n. 2102 e 1 ottobre 1923, n. 2185. R.d. 16 febbraio 1888, n. 5296; R. d. 29 maggio 1944, n. 142; Legge 3 aprile 1926, n.2247; Legge 7 gennaio 1929, n. 5; R. d. 1 luglio 1933, n. 786; Legge del 31 dicembre 1962 n. 1859; Legge del 30 luglio 1973, n. 477; D.P.R. 31 maggio 1974 n° 416 Legge del 4 agosto 1977, n. 517.