Formazione degli archivi

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Gli Archivi di Stato sono istituti addetti alla conservazione di complessi documentari prodotti nel corso dei secoli da diversi soggetti pubblici e privati. Questi materiali, che attualmente costituiscono  una parte consistente e qualitativamente fondamentale del patrimonio documentario italiano, possono essere stati acquisiti per versamento, se provenienti da istituzioni statali o pubbliche, per deposito, per donazione o per acquisto.
Perché li si possa anche consultare, in modo che diventino fonti per la storia, occorre che siano ordinati e corredati degli opportuni strumenti per la ricerca.
Nel progettare il riordinamento di un archivio e l’elaborazione di uno strumento di ricerca, l’archivista analizza attentamente il materiale documentario, ricostruisce il contesto in cui è stato prodotto e il processo di sedimentazione e di trasmissione.
Lo stato di ordinamento degli archivi riflette sia il modo in cui il soggetto che li ha prodotti intendeva organizzare il sedimento della sua vita e della sua attività, sia le vicende della “trasmissione” dei documenti nel corso del tempo, da un soggetto all’altro, da un luogo all’altro e secondo criteri e modalità differenti.
In base alla dottrina, punto di riferimento del lavoro dell’archivista è un concetto di ordinamento originario legato a una relazione statica e ben definita fra il soggetto produttore e il suo archivio, che non sempre però si constata nella realtà. Si riscontrano infatti situazioni molto diverse. Alcuni archivi non sono mai stati organizzati secondo schemi precisi, né sarebbe giusto pensare che a ogni cambiamento di persone o di criteri di conservazione debba corrispondere necessariamente una risistemazione di tutto l’archivio. A volte si verifica infatti che siano stati riorganizzati soltanto determinati settori di un archivio, perché legati ad attività nuove o affidate a nuovi soggetti. Frequente è anche il caso di archivi che recano tracce di distruzioni, di dispersioni, di interventi di riorganizzazione parziali o totali. Lacune, incongruenze e testimonianze di interventi non lineari caratterizzano spesso gli archivi, rendendo difficile la comprensione del loro senso e delle modalità con cui riconoscere e consultarne le parti. Spesso poi si riscontrano negli archivi tracce di successivi ordinamenti dovuti a interventi intesi a modificarne l’organizzazione per adeguarla a un differente paradigma culturale o per permettere un nuovo e diverso utilizzo dei documenti.
A partire dal secolo XIX la diffusione dei piani di classificazione o titolari ha messo in particolare evidenza l’esigenza delle istituzioni di definire un quadro concettuale dell’archivio che rifletta i criteri con cui rendere possibile la ricerca dei documenti e le funzioni degli uffici, piuttosto che la struttura e l’articolazione di questi .